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Introduzione
Si dice che un vegano impieghi più tempo ad urinare rispetto alla defecazione e, anche se apparentemente questa sembri soltanto un’ironica provocazione, forse anche di cattivo gusto, è un’osservazione che ad un’analisi più approfondita contiene sostanzialmente la via d’elezione per risolvere tutti i fastidi legati all’evacuazione di feci dure, ovvero alimentazione ed idratazione.
Un’evacuazione corretta è infatti quella che avviene in modo completamente privo di sforzi, proprio come per la minzione.
Cause
Rubando le parole ai medici della JohnHopkins, sono numerose le informazioni che le feci possono dirci a proposito della nostra salute, ma in questo articolo concentriamoci sulla consistenza.
Le feci dure sono tipicamente segno di stitichezza.
L’intestino crasso è la seconda ed ultima parte del nostro tratto digestivo e si occupa tra l’altro di concentrare la massa di alimenti indigerita riassorbendo acqua, ma se qualcosa in questa fase finale della digestione va storta i rifiuti rimasti nel colon diventano disidratati e duri, quindi più difficili da espellere.
Cosa può andare storto? Molte cose, ma tra le principali:
- uno stato di disidratazione dell’organismo, se introduci liquidi in quantità insufficiente,
- una scarsa massa fecale, tipicamente legata ad una carenza di fibre nella tua dieta,
- una scarsa attività fisica, che è invece un utile stimolo alle contrazioni che sospingono in avanti la massa che verrà poi trasformata in feci.
Ogni quanto si dovrebbe evacuare?
Il Dr. Greger sul suo sito sottolinea quanto sia incredibile che ad oggi si verifichino con incredibile accuratezza i battiti del cuore al minuto, la frequenza respiratoria, la pressione arteriosa ed ogni genere di concentrazione di sostanze nel sangue, ma ancora non esista un valore condiviso di una corretta frequenza di evacuazione. Riporta tra l’altro il caso estremo di una pubblicazione, seppure vada detto un po’ datata, che considera fisiologici tutti i valori compresi tra uno ogni qualche mese e 24 movimenti intestinali al giorno.
Studi più recenti, ragionevoli ed affidabili hanno ovviamente evidenziato un intervallo più ristretto, costruito su quelle che sono le abitudini del 98% della popolazione osservata e corrispondenti ad un minimo di 3 volte alla settimana fino ad arrivare a 3 volte al giorno.
Come abbiamo più volte scritto, tuttavia, normale non significa ottimale, a maggior ragione quando sappiamo quanto sia diffusa la stitichezza, anche se talvolta un po’ sottovalutata al costo di notevoli sforzi durante quei 3 appuntamenti settimanali.
L’evacuazione dovrebbe invece essere sostanzialmente immediata, al pari della minzione, ma questo è possibile solo con un’alimentazione corretta, che possa essere davvero ricca di fibra alimentare, ovvero di tutte quelle sostanze che noi non possiamo digerire, ma che rappresentano un lauto banchetto per i nostri batteri intestinali, così importanti per la nostra salute.
Lo stimolo ad evacuare nasce sostanzialmente come conseguenza dell’accumulo di feci nell’ampolla rettale, un po’ come per l’urina nella vescica: quando si raggiunge una certa massa parte il segnale del cervello che ci avvisa della necessità di trovare un bagno. La conseguenza meno ovvia è che, se non si accumula una quantità sufficiente, non parte il segnale e per evacuare ugualmente saranno necessari sforzi muscolari, che se protratti per anni possono tra l’altro avere conseguenze pericolose, come lo sviluppo di diverticoli intestinali, infiammazione delle emorroidi, vene varicose ed ernia iatale.
Se non evacuiamo con adeguata frequenza quel poco che si accumula andrà incontro a fenomeni di riassorbimento di acqua, mettendoci poi di fronte a feci dure, piccole, secche e difficili da espellere (spesso descritte come feci dure a pallini nei consulti on-line).
In ultima analisi è ragionevole pensare che la frequenza ottimale possa essere decisamente più spostata verso tre evacuazioni giornaliere, che sarebbe peraltro prova di un adeguato consumo di fibra; è importante sottolineare, a scanso di equivoci, che l’evacuazione non deve richiedere sforzi, ma nemmeno assumere un carattere d’urgenza improrogabile, quello tipico ad esempio della diarrea.
Questo risultato è comunque la conseguenza naturale di una dieta sana, non un numero da raggiungere a tutti i costi, magari diventando una vera e propria ossessione (la cosiddetta bowel obsession syndrome).
Prevenzione e rimedi della nonna
Dal punto di vista del peso le feci sono costituite, o dovrebbero esserlo, prevalentemente da acqua, è quindi particolarmente importante un apporto quotidiano di liquidi che sia decisamente abbondante, frutto della somma di bevande e acqua contenuta negli ortaggi e frutta, che se consumati nelle giuste quantità incidono in modo determinante, sorprendente, sulla quantità giornaliera.
Se il 75% della massa fecale è acqua, della parte restante fino a metà potrebbe essere costituita da batteri, quelli della flora batterica intestinale, la cui proliferazione ancora una volta si dimostra quindi assolutamente utile alla nostra salute, contribuendo alla formazione di feci del giusto volume.
Ed ancora una volta la ricetta per una popolazione batterica ricca e sana è un abbondante consumo di ortaggi e frutta, la cui fibra per noi indigeribile è invece una grande occasione di festa per i batteri.
Vale infine la pena di sottolineare come anche l’abitudine possa essere di grande aiuto; con un progressivo miglioramento del tuo stile di vita aumenterà la frequenza di evacuazione, ma con piccoli accorgimenti potrai fare in modo che questi momenti si accordino con la tua routine giornaliera senza metterti in imbarazzo. A questo scopo ti segnalo ad esempio che il momento del pasto innesca il cosiddetto riflesso gastrocolico, una risposta innata dell’organismo che stimola i movimenti intestinali al consumo di cibo, perché banalmente deve fare spazio. Se hai mai notato come cuccioli di umani e di cani tendano a sporcare dopo aver mangiato ora ne conosci il motivo.
In buona sostanza ti consiglio quindi di:
- Bere adeguatamente.
- Consumare abbondanti quantità di frutta e verdura, ricche di fibra e di liquidi.
- Costruire l’apporto di macronutrienti attorno a cereali integrali e legumi, le principali fonti di fibra.
- Non posticipare il momento dell’evacuazione ai primi segnali di necessità, perché al passare del tempo il riassorbimento dell’acqua residua rende le feci secche, dure e disidratate.
- Praticare regolare attività fisica, che stimola la peristalsi intestinali, ovvero i movimenti muscolari dell’intestino, che sospingono la massa presente verso gli ultimi tratti responsabili dello stimolo all’evacuazione.
Frutti e verdure lassative
È naturale chiedersi quale possa essere la miglior frutta o verdura lassativa, ma spesso il problema non risiede tanto nella scelta di quali mangiare, ma quanto: con un consumo giornaliero di abbondanti quantità di alimenti vegetali il problema di decidere cosa mangiare non si pone.
Non dovresti consumare kiwi o prugne solo per l’intestino, ma alternarli quotidianamente insieme a cereali integrali e legumi per raggiungere l’obiettivo dei 25 g giornalieri di fibra suggeriti dalle linee guida, ma che a mio avviso devono rappresentare un punto di arrivo intermedio (l’aumento del consumo di fibra deve sempre avvenire gradualmente), da cui poi aumentare ulteriormente l’apporto.
C’è un interessante lavoro che ha confrontato il consumo di prugne secche versus un integratore di fibre a base di psillio trovando che il frutto rappresenta un rimedio sicuro, più gradevole ed efficace rispetto al supplemento. Ottimo, confrontiamolo ora con una dieta vegana, una popolazione che tipicamente fa del consumo di frutta, verdura, cereali integrali e legumi il perno della propria dieta. Il paragone non si pone nemmeno, una dieta fortemente orientata al consumo di alimenti vegetali è drammaticamente più efficace in termini di frequenza di evacuazione rispetto al solo consumo di prugne.
Rimedio immediato per andare in bagno
Quando il problema si pone con una certa urgenza, quando necessiti di un rimedio immediato per andare in bagno, quali sono le possibilità più efficaci? In certi casi non si può prescindere dall’uso di lassativi, meglio se osmotici, abbastanza delicati nel loro effetto, o se proprio necessario i cosiddetti irritanti, un po’ più aggressivi. In entrambi i casi il tempo di azione è di circa una notte.
Quando i tempi sono ancora più stretti il microclisma, le supposte di glicerina od un vero e proprio clistere possono essere scelte obbligate, ma c’è un aspetto molto spesso sottovalutato che può avere effetti sorprendenti, almeno entro certi limiti.
Secondo te in che posizione avveniva l’evacuazione nell’uomo primitivo? Esatto, proprio come è capitato anche a te quando ti sei trovata in imbarazzo durante una gita nel verde di qualche bosco. La posizione più comoda degli attuali vasi sanitari occidentali è infatti dettata dalla volontà di perseguire una maggior comodità, ma al prezzo di una posizione anomala che assume l’ultimo tratto dell’intestino, tanto da ostacolare la fuoriuscita delle feci.
In ragione di questa considerazione qualcuno consiglia il ricorso ad uno sgabello per i piedi da porre di fronte al vaso, ma non sembra funzionare, mentre un buon allineamento sembra essere raggiunto piegandosi in avanti, come per appoggiare le mani al pavimento e beneficiando così del peso del busto sulle cosce, in grado di esercitare un ulteriore effetto di compressione sul colon.
Curiosità: perché non puoi defecare trattenendo l’urina
L’espulsione di urina e feci dall’organismo è strettamente controllata da muscoli circolari chiamati sfinteri; si tratta di muscoli volontari, ovvero sotto il nostro controllo.
Lo sfintere intorno all’uretra, il canale responsabile dell’emissione dell’urina, è più piccolo di quello intorno all’ano, quindi puoi decidere rilasciare l’urina senza dover necessariamente rilassare l’intero pavimento pelvico e questo ti permette di urinare trattenendo le feci, se necessario.
Al contrario, quando decidi di evacuare le feci presenti nell’ampolla rettale, il rilassamento dello sfintere anale, decisamente più resistente, riduce necessariamente anche la tensione nello sfintere urinario più debole, portando al contemporaneo rilascio dell’urina. Con un po’ di allenamento è peraltro possibile imparare a separare anche in questo caso il controllo dei due sfinteri.
Fonti e bibliografia
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.