Farmaco anti-colesterolo contro la demenza (e non è una statina!)

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Un vecchio farmaco usato per abbassare i grassi nel sangue, il bezafibrato, potrebbe avere un effetto sorprendente: aiutare a proteggere il cervello dalla demenza.

E la notizia ancora più curiosa è che non si tratta di una statina, ma di un medicinale che agisce in modo completamente diverso, andando a potenziare le “batterie” delle nostre cellule: i mitocondri.

La demenza frontotemporale: cos’è e perché colpisce presto

Quando pensiamo alla demenza, immaginiamo spesso l’Alzheimer, ma esiste un’altra forma, meno nota ma altrettanto grave: la demenza frontotemporale colpisce parti specifiche del cervello – quelle legate al linguaggio, al comportamento e alla personalità – e lo fa spesso in età relativamente giovane, anche prima dei 60 anni.

In molte persone, la causa è una mutazione genetica che fa accumulare nel cervello una proteina chiamata tau, in una forma anomala e tossica.

Lo studio italiano: mini-cervelli in laboratorio e una scoperta inattesa

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Un gruppo di ricercatori italiani ha ricreato in laboratorio “mini-cervelli” (organoidi) partendo da cellule di pazienti affetti da questa forma di demenza. Questi modelli 3D riproducono in modo molto fedele i processi cerebrali, e permettono di studiare da vicino come si sviluppa la malattia.

Osservando questi mini-cervelli malati i ricercatori hanno scoperto che i neuroni hanno pochi mitocondri, spesso piccoli e mal funzionanti. E quando i mitocondri non funzionano bene, il cervello fatica a mantenere le connessioni tra i neuroni e a svilupparsi in modo corretto.

Il bezafibrato riattiva i mitocondri e riduce la tau tossica

Ed è qui che entra in gioco il bezafibrato. Questo farmaco, usato da decenni per abbassare i trigliceridi, è noto per stimolare la produzione di mitocondri. Quando è stato aggiunto ai mini-cervelli malati, i risultati sono stati sorprendenti:

  • Aumento del numero e delle dimensioni dei mitocondri
  • Miglioramento della comunicazione tra i neuroni
  • Riduzione della proteina tau tossica
  • Parziale recupero dello sviluppo neuronale

Insomma, il farmaco sembra ridare energia alle cellule cerebrali e contrastare i danni tipici della malattia.

Una speranza concreta?

Va detto: siamo ancora in fase di laboratorio. I test sono stati fatti su organoidi cerebrali, non su persone. Ma i risultati sono così promettenti che potrebbero presto aprire la strada a studi su modelli animali e, un domani, anche su pazienti.

Se tutto sarà confermato, il bezafibrato potrebbe diventare una delle prime vere terapie per una malattia oggi senza cura.

Questa scoperta è anche un esempio di ripensamento intelligente dei farmaci già esistenti: invece di inventare molecole da zero, si prendono farmaci sicuri e già approvati per altri usi, e si testano in nuove malattie. Un approccio veloce, economico e – in casi come questo – davvero pieno di speranza.

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