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Introduzione

La psicosi affettiva (o disturbo schizoaffettivo) è una malattia psichiatrica cronica in cui il soggetto presenta sia i sintomi tipici della

In base al tipo di disturbo dell’umore presente si distinguono due tipi di malattia:

  • Tipo bipolare. Il disturbo comprende episodi maniacali (nei quali si ha un umore persistentemente alto o irritabile e degli aumentati livelli di energia e attività) e, a volte, episodi depressivi maggiori.
  • Tipo depressivo. Il disturbo include solo episodi depressivi maggiori (nei quali l’umore è depresso per la maggior parte del tempo, si accompagna a sentimenti di svalutazione, autoaccusa, perdita di speranza e, nei casi gravi, ideazione suicidaria).

 

Donna che soffre di depressione seduta sul letto

iStock.com/Carlo107

Cause

La prevalenza del disturbo è circa dello 0,3% e l’età tipica di esordio dei sintomi è la prima età adulta, anche se l’insorgenza della malattia può variare dall’adolescenza fino alle età più avanzate.

Il tipo bipolare è più frequente nei giovani adulti, mentre il tipo depressivo si ritrova maggiormente negli adulti più anziani.

Le cause esatte del disturbo non sono conosciute, ma esistono dei fattori che sembrano essere coinvolti nella patogenesi e nello sviluppo dei sintomi:

  • Fattori familiari: il rischio di sviluppare il disturbo è aumentato in quelle persone che hanno dei parenti di primo grado affetti da schizofrenia, disturbo bipolare o disturbo schizoaffettivo. Nei gemelli identici (monozigoti), se uno dei due è affetto da disturbo schizoaffettivo, il rischio che anche l’altro gemello sviluppi la malattia è del 40% (più basso se i gemelli sono non identici o dizigoti, circa il 5%).
  • Fattori genetici: sono stati studiati alcuni geni che controllano il ritmo circadiano (ovvero il ritmo giornaliero del metabolismo corporeo), il ciclo sonno-veglia e il movimento delle cellule nervose durante lo sviluppo del cervello.
  • Fattori biochimici cerebrali: neurotrasmettitori coinvolti nel funzionamento dei recettori GABA (gamma-amino-butyric acid), il cui ruolo primario è proteggere il cervello da stimoli eccessivi. La TAC e la Risonanza Magnetica possono aiutare la ricerca in questo senso.
  • Eventi traumatici: lutti, perdita del lavoro o altro
  • Assunzione di sostanze psicoattive o psicotrope (che agiscono e modificano le funzioni cerebrali) come LSD.

Sintomi

Le manifestazioni cliniche solitamente consistono in cicli di

  • sintomi severi per cui si ha una seria compromissione della sfera scolastica, lavorativa e sociale del soggetto,
  • seguiti da periodi di remissione, in cui i sintomi migliorano.

I sintomi possono differire fra paziente e paziente e in base al tipo di malattia presente (se bipolare o depressivo).

Si parla di disturbo schizoaffettivo in presenza di episodi dell’umore maggiore (episodi depressivi maggiori o maniacali), presenti per la maggior parte della durata totale della malattia, in concomitanza con i criteri diagnostici principali della schizofrenia.

  • Episodi dell’umore maggiori:
    • Episodio depressivo maggiore. Un periodo di almeno 2 settimane in cui l’umore è estremamente basso per la maggior parte del tempo, tale da compromettere significativamente tutti gli ambiti della vita quotidiana a causa della perdita d’interesse e del piacere nello svolgere le attività di tutti i giorni. Possono accompagnarsi altri sintomi come
    • Episodio maniacale. Un periodo di almeno 7 giorni in cui l’umore è persistentemente alto, espanso in una maniera esagerata e inopportuna, con un illimitato entusiasmo per le interazioni sociali e lavorative, aumento dell’energia e delle attività quotidiane. Spesso l’umore predominante è irritabile e contraddistinto da un’alternanza fra euforia e irritabilità.
  • Schizofrenia: sintomi presenti per una parte di tempo significativa durante un periodo di 1 mese.
    • Deliri: idee fisse, non plausibili o palesemente bizzare, basate su percezioni errate, non derivanti da un sistema condiviso di credenze culturali, cui il soggetto crede nonostante le evidenti prove della loro irrazionalità. Possono essere
      • bizzarri (chiaramente stravaganti, non plausibili e comprensibili)
      • e non bizzarri (i più frequenti sono i deliri di persecuzione e di grandezza).
    • Allucinazioni: percezioni vivide e chiare (ad esempio vedere, sentire o percepire qualcosa) che si manifestano senza uno stimolo esterno reale, senza il controllo volontario di chi la sperimenta e nel contesto di un apparato sensoriale sano (ad esempio l’udito è normale). Le più frequenti sono quelle uditive verbali (voci).
    • Pensiero ed eloquio disorganizzato:
      • incoerenza,
      • risposte non adeguate,
      • ecolalia (ripetizione automatica di suoni e parole altrui),
      • deragliamento,
      • “insalata di parole”.
    • Sintomi negativi:
      • diminuzione dell’espressività e dell’affettività,
      • abulia e anedonia (rispettivamente la mancanza di interesse e di piacere nell’intraprendere le normali attività quotidiane),
      • asocialità,
      • comportamenti motori anomali,
      • mutismo,
      • fino alla catatonia (riduzione marcata della reattività agli stimoli esterni).

I sintomi depressivi o maniacali possono verificarsi

  • prima dell’esordio della psicosi (fase prodromica della schizofrenia),
  • durante gli episodi psicotici
  • e dopo la cessazione della psicosi.

In base alla presenza degli episodi di umore maggiore il disturbo si suddivide in

  • Tipo bipolare: presenza degli episodi maniacali e, a volte, degli episodi depressivi maggiori;
  • Tipo depressivo: presenza dei soli episodi depressivi maggiori.

Prognosi e complicanze

Un disturbo non trattato può portare a conseguenze gravi, fino anche al suicidio, per questo motivo è fondamentale riconoscerne i sintomi e chiedere aiuto al medico al più presto.

Le persone affette da disturbo schizoaffettivo, infatti, hanno un più alto rischio di

  • suicidio, tentativi di suicidio o pensieri suicidari. Il rischio è del 5%, e la presenza di depressione aumenta la probabilità;
  • isolamento sociale;
  • conflitti familiari e interpersonali;
  • disoccupazione;
  • disturbo depressivo maggiore;
  • disturbi d’ansia;
  • abuso di alcol o altre sostanze;
  • presenza e sviluppo di altre patologie organiche;
  • povertà e possibilità di diventare un “senza tetto”.

La prognosi del disturbo è migliore rispetto a quella della schizofrenia isolata, ma peggiore di quella dei disturbi dell’umore.

Diagnosi

La diagnosi può essere difficoltosa all’inizio, in quanto molte persone sono spesso diagnosticate in primo luogo come bipolari o schizofreniche poiché il disturbo schizoaffettivo condivide molti sintomi con queste condizioni.

Come per altri disturbi psichiatrici la diagnosi si avvale di un’attenta valutazione da parte del medico primariamente per escludere le condizioni

La diagnosi si attua attraverso i criteri diagnostici definiti nel DSM V (Manuale statistico e diagnostico per le malattie mentali) grazie a

  • Esame fisico ed esami strumentali per escludere segni e sintomi riguardanti altre patologie mediche (ad esempio delirium, deficit cognitivo maggiore), o per indagare la presenza di sostanze di abuso (ad esempio alcol, cocaina, LSD).
  • Valutazione psichiatrica. Il medico analizzerà lo stato mentale del soggetto osservandone attentamente il comportamento e informandosi sulla presenza o meno di
    • depressione,
    • umore alterato,
    • pensieri bizzarri,
    • allucinazioni,
    • uso di sostanze
    • e rischio di commettere suicidio.

Cura

La terapia per il disturbo dipende dal tipo e dalla gravità dei sintomi e prevede una combinazione di

  • farmaci,
  • psicoterapia ed educazione.

In alcuni casi severi può rendersi necessario il ricovero in ospedale per assicurare

  • l’incolumità del paziente,
  • un’adeguata nutrizione
  • e pulizia.

Farmaci

  • Antipsicotici per trattare i sintomi psicotici;
  • Stabilizzatori dell’umore per ridurre i picchi di mania e depressione nel tipo bipolare;
  • Antidepressivi per gestire i sentimenti di tristezza e mancanza di speranza nel tipo depressivo.

Psicoterapia

  • Terapia individuale: per comprendere al meglio i propri sintomi, imparare a gestirli e ricostruire delle relazioni sociali e lavorative funzionali.
  • Terapia familiare o di gruppo: può essere più efficace perché la persona riesce a confrontarsi e condividere i propri disagi all’interno di un gruppo. Diminuisce la sensazione di isolamento ed incrementa le capacità personali di mantenere un contatto con la realtà durante gli episodi psicotici.
  • Interventi educativi per esplorare le risorse comunicative e sociali, per riabilitare la persona nel mondo lavorativo e ridurre l’isolamento sociale.

Fonti e bibliografia

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