Sembra una mandorla, ma rilascia cianuro: il seme di pesca

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Ah, la pesca.

Succosa, dolce, sensuale come una poesia estiva e innocente come un frutto appena colto.

Ma nel cuore di questo simbolo di innocuità si nasconde un piccolo scrigno potenzialmente letale: il seme, quello vero, quello duro che trovi dentro il nocciolo.

Sì, perché facciamo subito chiarezza terminologica: la parte legnosa che sputi con eleganza da un finestrino (non fatelo) o che lasci a metà su un piatto è il nocciolo, ovvero la protezione esterna del vero protagonista di questo articolo: il seme, che sta nascosto lì dentro, come un boss di fine livello.

E questo seme, che si presenta con la forma di una piccola mandorla, ha un segreto chimico tutto suo.

C’era una volta l’amigdalina

Seme pesca

Shutterstock/4358479

Dentro il seme della pesca (e dei suoi cugini — albicocca, ciliegia, prugna, ) si trova una sostanza chiamata amigdalina. Detta così sembra il nome di una caramella o di una zia simpatica dell’Emilia, ma è in realtà un glicoside cianogenico, il che è un modo educato per dire: “Può rilasciare cianuro”.

Sì, quel cianuro. Roba che se sei un personaggio di Agatha Christie, ti viene servito con il tè.

Quando l’amigdalina viene metabolizzata (cioè digerita), può trasformarsi in acido cianidrico, una sostanza tossica per l’uomo perché inibisce la respirazione cellulare. Il tuo corpo letteralmente smette di funzionare: le cellule soffocano anche se sei circondato da ossigeno.

Quanto è pericoloso, davvero?

Ora, prima che tu corra a chiamare il centro antiveleni perché tuo zio ha masticato un seme a fine pranzo per “aiutare la digestione”, respira. Nella stragrande maggioranza dei casi, ingerire un singolo seme intero non comporta rischi gravi (ma un po’ di mal di pancia magari sì…).

Il problema vero nasce se:

  1. Ne mangi tanti;
  2. Sei un bambino (corpo più piccolo = tossicità più rapida);
  3. Hai strane passioni da guru naturalista radicale che consiglia infusioni di semi di albicocca “contro il cancro” (e per inciso no, non funzionano).

In breve: non serve allarmarsi, ma serve essere informati. La pesca è un frutto assolutamente sicuro se mangiato nel modo in cui la natura (e la nonna) intendono: polpa sì, nocciolo no. È bello sapere che c’è, come il magma sotto un vulcano addormentato: affascinante, ma meglio non disturbare.

 

Ma allora perché l’industria li usa?

Ecco il paradosso: mentre a casa ti viene sconsigliato perfino di guardare storto il seme della pesca, l’industria alimentare e cosmetica lo sfrutta con entusiasmo. I semi, una volta estratti dal nocciolo e opportunamente trattati termicamente, diventano una fonte preziosa di olio, impiegato in cosmetici, creme emollienti e perfino in certi aromi alimentari.

La chiave sta proprio nella cottura o tostatura, che distrugge l’amigdalina o ne riduce drasticamente la tossicità. A temperature elevate le molecole cianogeniche vengono inattivate, rendendo il prodotto sicuro per l’uso.

Tradotto: se il seme crudo può ucciderti (lentamente), quello cotto può idratarti la pelle.

Non a caso, in ambito industriale si usano processi controllati, certificati e lontani anni luce dalla pratica casalinga del “apro il nocciolo con lo schiaccianoci e me lo sgranocchio per curiosità”. No, non farlo. Il seme va bene per l’industria, non per il tuo spuntino improvvisato.

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