È pericoloso vaccinarsi per il COVID da positivi?

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No, non è pericoloso ricevere il vaccino da positivi, che si tratti di Delta o della più recente Omicron.

Indipendentemente dal fatto che la dose faccia parte del ciclo vaccinale normale, o sia già una dose booster, è improbabile che si verifichi una qualche interferenza con un’eventuale contagio che avvenga subito prima o subito dopo la somministrazione della dose, nel peggiore dei casi.

Alla base di questa considerazione è il fatto, che tra l’altro come il vaccino antinfluenzale, anche la presenza di sintomi lievi di malessere non controindicano alla vaccinazione, che dovrebbe invece essere rimandata in caso di febbre alta.

Idealmente avrebbe certamente più senso procedere alla vaccinazione a distanza di tempo da un’infezione naturale, che da sola potrebbe già garantire un aumento di anticorpi ed altre forme di difesa (è per questa ragione ad esempio, che nell’offerta della terza dose viene data precedenza a chi non ha superato recentemente un’infezione), ma non ci sono rischi di salute a procedere nel caso di positività.

È necessario un tampone prima del vaccino?

Per le ragioni espresse poco sopra, non è necessario né il tampone né l’esame sierologico prima di sottoporsi alla vaccinazione.

Nel caso in cui si sviluppino sintomi significativi dopo la vaccinazione e/o se questi dovessero persistere per più di 48-72 ore potrebbe invece essere utile, a giudizio del proprio medico, un tampone che possa evidenziare un eventuale contagio per procedere al necessario isolamente.

Si ribadisce che nessun vaccino anti-COVID tra quelli attualmente disponibili può essere causa di malattia né di positività al tampone, che va alla ricerca del virus responsabile.

La risposta sarebbe comunque adeguata?

In uno studio pubblicato su Nature  è stato evidenziato che i soggetti vaccinati che avevano alle spalle una precedente infezione hanno sviluppato una più efficace risposta al virus, rispetto alle loro controparti vaccinate ma senza precedente infezione.

Diversi autori sono convinti che una cosiddetta immunità ibrida possa avere anche una durata superiore, benché comunque limitata nel tempo.

I vaccini causano l’ADE?

Non ci sono evidenze scientifiche che i vaccini anti Covid-19 inneschino l’ADE (Antibody Dependent Enhancement), una reazione anomala osservata ”, reazione per cui il legame tra un virus e gli anticorpi non neutralizzanti prodotti in risposta ad una vaccinazione o ad un’infezione naturale ne migliori paradossalmente la capacità d’invasione delle cellule dell’ospite e la virulenza.

Si tratta di un fenomeno osservato ad esempio per malattie tropicali come virus Dengue, il virus della febbre gialla e il virus Zika.

I vaccini anti-COVID attualmente in uso non determinano ADE né in coloro che si vaccinano senza aver contratto l’infezione, né in soggetti vaccinati che dovessero avere alle spalle un precedente contatto naturale con il virus.

Troppi anticorpi sono controproducenti?

Wikipedia descrive l’effetto Hook come un fenomeno immunologico in base al quale l’efficacia degli anticorpi […] è talvolta compromessa quando le concentrazioni […] sono molto elevate.

Si tratta di un fenomeno noto e reale, ma che ad oggi ha implicazioni pratiche soprattutto in vitro, nell’ambito degli esami del sangue e di altri fluidi biologici; sebbene ci siano aneddotiche prove dell’effetto in vivo, ovvero in organismi viventi, questo ha scarsa importanza nella reale pratica clinica quotidiana e, a giudizio di chi scrive, non esistono prove di una qualche rilevanza nel contesto della malattia da COVID-19.

In altre parole non esiste il rischio di produrre troppi anticorpi, nemmeno dopo vaccinazione.

Vaccinazione COVID su soggetti positivi

Shutterstock/Tong_stocker

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