Epatite acuta nei bambini, tra sintomi e adenovirus: cosa sappiamo?

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Cos’è un’epatite?

Epatite è un termine generico usato per indicare una qualsiasi infiammazione del fegato; spesso si è portati ad associare il termine epatite esclusivamente a quelle di natura virale, di cui peraltro esistono non solo le più note A, B e C, ma anche la D ed E, oltre a numerosi altri virus potenzialmente in grado di causare infiammazione al fegato, come il CMV, il virus della mononucleosi e tanti altri.

In realtà esistono numerose altre possibili cause di infiammazione del fegato, tra cui:

  • sostanze chimiche di vario genere (farmaci, sostanze d’abuso, veleni come i funghi, …)
  • alcol (epatite alcolica), la cui importanza è tale da meritare di essere trattata a parte, ma che per ovvi motivi non riguarda i bambini
  • alcune malattie genetiche
  • sistema immunitario iperattivo, che attacca erroneamente il fegato (epatite autoimmune)
  • infezioni batteriche
  • ischemia (interruzione dell’afflusso di sangue all’organo)
  • traumi addominali

A seconda del decorso l’epatite può inoltre essere distinta in

  • acuta, ovvero caratterizzata da un esordio improvviso e poi destinata, nella maggior parte dei casi, a risolversi,
  • cronica, quando si trasforma in una condizione a lungo termine ed in grado di esibire sintomi più sfumati, ma un danno epatico progressivo permanente.
Fegato in un bambino

Shutterstock/SciePro

I sintomi dell’epatite nei bambini

A prescindere dalla causa i sintomi più importanti dell’epatite nei bambini sono in gran parte sovrapponibili e comprendono tra l’altro:

Se questi sono i sintomi più comuni, vale la pena notare che ogni piccolo paziente può in realtà manifestare un quadro clinico differente e alcuni non presentare alcun sintomo, ma svilupparla e superarla in modo asintomatico.

Diagnosi

Se alcuni sintomi sono fortemente suggestivi di un coinvolgimento del fegato (primo fra tutti l’ittero, ma anche un organo gonfio ed ingrossato alla palpazione), è necessariamente attraverso gli esami di laboratorio e strumentali che è possibile non solo trovare conferma della presenza di epatite, ma soprattutto individuarne la causa:

  • Esami del sangue per verificare:
    • emocromo
    • esami relativi alla coagulazione del sangue
    • enzimi epatici come transaminasi e GGT
    • bilirubina
    • dosaggi specifici per evidenziare l’eventuale presenza di infezioni virali
  • Esami di imaging
    • Ecografia del fegato, la più comunemente prescritta in quanto economica, non invasiva e nonostante questo estremamente informativa
    • TAC
    • Risonanza magnetica
  • Biopsia epatica, un esame invasivo che richiede il prelievo di un piccolo campione dell’organo, ma che consente di confermare la sospetta infiammazione quando altri test non siano conclusivi e soprattutto determinarne l’esatto grado di lesione già presente.

Cura

Salvo poche eccezioni non esistono cure specifiche per le diverse forme di epatite, la terapia consiste quindi in genere in un supporto del paziente (dieta adeguata, abbondante idratazione, riposo, …) se necessario e soprattutto fare il possibile per prevenire un’ulteriore progressione del danno.

Oltre alla natura dell’epatite, tra i fattori presi in considerazione durante la pianificazione della terapia si trovano:

  • età, stato di salute generale e storia clinica del paziente
  • gravità e stato di progressione della malattia
  • tolleranza verso farmaci, procedure od altre terapie specifiche
  • prognosi
  • e, in una certa misura, preferenze dei genitori.

A seconda dei casi il trattamento può quindi prevedere:

  • Farmaci antivirali se si tratta di un virus, anche se in questo senso purtroppo i farmaci a disposizione sono limitati
  • Medicinali immunosoppressori se si fosse in presenza di malattia autoimmune
  • Farmaci sintomatici, ad esempio per contribuire a controllare il prurito quando presente od il dolore
  • Supporto nutrizionale endovenoso
  • Trapianto di fegato in caso di insufficienza epatica allo stadio terminale

Epatite nei bambini (aggiornamento 2022)

Da un punto di vista generale è l’epatite A ad essere probabilmente la più comune in età pediatrica, perché si trasmette con il consumo di alimenti e cibo contaminato da feci infette (o comunque portando alla bocca il virus responsabile, emesso attraverso le feci di un paziente); fortunatamente nella maggior parte dei casi la prognosi è ottima, il rischio di complicazioni minimo e tende alla risoluzione nell’arco di sei mesi.

È tuttavia datata 15 aprile 2022 una circolare dell’OMS che annuncia ufficialmente l’attenzione necessaria verso alcuni casi sospetti di epatite inspiegabile in bambini inglesi e nord-irlandesi, la cui segnalazione risale a poco più di una settimana prima.

Si trattava di 10 casi di epatite acuta grave, di causa sconosciuta, tutti diagnosticati in bambini di età inferiore ai 10 anni; 10 casi non sembrano tanti, ma hanno destato l’attenzione dei clinici perché inspiegabilmente superiori al normale.

Senza voler entrare nei dettagli sono state rapidamente escluse le 5 classiche epatiti virali (A, B, C, D ed E) ma soprattutto, a seguito di questo primo allarme, sono rapidamente emersi ulteriori casi simili, quasi sempre caratterizzati da un corteo di sintomi tipicamente riferibili all’epatite:

  • ittero,
  • diarrea,
  • vomito
  • e dolore addominale.

Spesso niente febbre, mentre dal punto di vista degli esami di laboratorio si osserva un aumento particolarmente spiccato delle transaminasi (oltre 500), aspetto che viene considerato chiave nella definizione di paziente-tipo.

Da allora i casi hanno continuato ad aumentare, in data 23 aprile sempre l’OMS è ritornata sula questione, sottolineando di come si fosse saliti ad oltre 160, coinvolgendo via via ulteriori Paesi, non solo europei, ma anche Stati Uniti, Israele, e 4 in Italia.

I casi hanno come prevedibile visto ampliarsi il range di età, ora compresa tra 1 mese e 16 anni. Diciassette bambini (quindi circa il 10%) hanno richiesto un trapianto di fegato urgente ed è stato segnalato almeno un decesso.

È importante notare che al momento NON è possibile trarre alcuna conclusione, ci si chiede anzi se sia un effettivo aumento dei casi, o non possa essere solo un aumento dell’attenzione; come ben sa ogni statistico è del tutto normale che stringendo abbastanza le maglie della rete emergano numeri in qualche modo sorprendenti, ma talvolta semplicemente per caso.

Epatite da adenovirus?

Tra le prime potenziali cause individuate, oltre che una delle ipotesi attualmente più solide, è l’infezione da adenovirus; gli adenovirus sono una famiglia di virus responsabile di numerose forme di malattia nell’uomo, ma tipicamente non gravi. Le manifestazioni cliniche sono varie e dipendono dal sierotipo con cui si viene a contatto ed in particolare dal distretto dell’organismo che ha come obiettivo. Se quindi nella maggior parte dei casi i sintomi sono quelli tipici delle malattie da raffreddamento (infezioni respiratorie), più raramente gli adenovirus sono in grado di causare gastroenterite, congiuntivite, cistite, miocardite ed epatite (fonte).

Gli adenovirus possono causare infezioni a qualsiasi età, ma interessano in particolar modo la popolazione pediatrica, specialmente bambini piccoli e neonati; si ritiene che all’età di 10 anni la maggior parte dei bambini abbia sviluppato almeno un episodio di infezione da adenovirus, tipicamente respiratoria con sintomi tipici del raffreddore, come naso chiuso e che cola, febbre, tosse e mal di gola. Le infezioni delle basse vie respiratorie come bronchite, bronchiolite e polmonite possono talvolta essere particolarmente gravi.

Ebbene, la presenza di adenovirus è stato rilevata in almeno 74 casi e questo non significa necessariamente non negli altri, ma solo che di alcuni pazienti non abbiamo test virali approfonditi.

Il Regno Unito, dove fino ad oggi è stata segnalata la maggior parte dei casi, ha peraltro recentemente osservato un aumento significativo delle infezioni da adenovirus nella popolazione, che segue un periodo di relativa tranquillità iniziato con l’inizio della pandemia di COVID-19. Situazione simile anche nei Paesi Bassi, ma anche in questo caso non si può escludere che si tratti semplicemente di miglioramento dei test di laboratorio disponibili, che quindi ora consente semplicemente di garantire una sensibilità maggiore rispetto al passato.

Sebbene l’adenovirus sia quindi una delle possibili spiegazioni, rimane poco chiaro il collegamento con la gravità del quadro clinico descritto, perché tipicamente l’infezione da adenovirus 41, l’indiziato, non è mai stata responsabile in passato di questi sintomi, che invece si limitavano a diarrea, vomito e febbre, spesso accompagnati da sintomi respiratori.

L’OMS segnala inoltre che “sebbene [in passato] siano stati segnalati casi di epatite in bambini immunocompromessi con infezione da adenovirus, non è noto che l’adenovirus di tipo 41 possa diventare causa di epatite in bambini altrimenti sani”, come invece si sta verificando ora, perché quello che spaventa è che i pazienti prima dell’epatite stavano sostanzialmente bene, erano in salute e non soggetti fragili.

Alcuni ricercatori ipotizzano che le misure di contenimento della pandemia e la dimostrata ridotta circolazione degli adenovirus in questi due anni, potrebbero aver causato quindi un aumento della suscettibilità, una sorta di calo delle difese immunitarie dovuto allo scarso lavoro, teoria condivisa anche dal virologo Pregliasco che così risponde ad Adnkronos:

[C]oncordo con l’ipotesi che ci possa essere stato un abbassamento delle difese, con una quota maggiore di infezioni da adenovirus che prima risultavano più diluite. Un po’ come è successo lo scorso novembre con l’epidemia di virus respiratorio sinciziale. Fonte

Senza dimenticare la possibilità che possa essere emersa una nuova variante o che possa essere l’effetto di una coinfezione da COVID. Data la pandemica presenza del virus SARS-CoV-2 (attualmente nella variante Omicron) è in effetti naturale chiedersi se possa esserne in qualche modo coinvolto; SARS-CoV-2 è stato identificato in 20 casi di quelli testati, ma quasi sempre in coinfezione con un adenovirus.

Tra le altre ipotesi allo studio dei ricercatori si annoverano:

  • sostanze ambientali ed alimentari,
  • altri virus o più in generale altri microrganismi.

Epatite da vaccini?

Emersa con prepotenza soprattutto in ambito social, l’ipotesi che i casi siano da riferire alla vaccinazione anti-COVID appare ad oggi priva di fondamento, in quanto la popolazione interessata dai casi proprio in virtù dell’età ha avuto un’esposizione minima alla vaccinazione, come peraltro confermato dai dati disponibili relativi ai casi registrati.

Fonti e bibliografia

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