Mangiare più carne causa diabete?
Il consumo di carne potrebbe essere associato a un aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
È un’affermazione forte, ma è importante precisare che ad oggi non è (ancora?) stata dimostrata una relazione causale diretta tra il consumo di carne e l’insorgenza del diabete, tuttavia un’ipotesi già nota alla comunità scientifica trova ora ulteriore conferma nel più ampio studio condotto sull’argomento, che ha coinvolto circa 2 milioni di partecipanti ed è stato pubblicato su una rivista del gruppo TheLancet.
Cosa dice lo studio?
Lo studio in questione ha raccolto dati da quasi 2 milioni di individui in 20 paesi diversi, monitorandoli per un periodo di circa 10 anni. L’analisi si è concentrata sulla frequenza di consumo di diverse tipologie di carne:
- Carne rossa non processata (ad esempio, bistecche)
- Carne processata (come salsicce o salumi)
- Pollame
I risultati principali possono essere sintetizzati come segue:
- È stata osservata una correlazione tra un consumo più elevato di carne rossa e carne processata e un lieve aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
- L’effetto del consumo di pollame appariva meno definito, ma sembrava comunque associato a un modesto incremento del rischio.
- La sostituzione della carne processata con carne rossa non processata o pollame sembrava comportare una riduzione del rischio.
È fondamentale sottolineare che lo studio si è limitato a rilevare delle tendenze, senza poter stabilire un nesso causale diretto tra il consumo di carne e l’insorgenza del diabete. Ciononostante, questi risultati forniscono un ulteriore elemento di riflessione riguardo all’opportunità di considerare una riduzione del consumo di carne nella dieta.
Quale e quanta carne si può mangiare?
Non c’è bisogno di eliminare completamente la carne dalla propria dieta per favorire una longevità sana, un eccellente compromesso consiste semplicemente nel ridurne il consumo e modularlo sulla base delle frequenze raccomandate dalle linee guida per una sana alimentazione, qualcosa del tipo
- pollame 1-2 porzioni alla settimana
- carne rossa non lavorata al massimo 2 porzioni alla settimana
- mentre per i salumi un consumo occasionale, massimo una volta alla settimana e ti ricordo che la porzione standard è di 50 g, non 2-3 etti (mentre per carni bianche e rosse non lavorate la porzione è di 100 g).
Perché la carne potrebbe favorire lo sviluppo di diabete?
Lo studio presenta alcune limitazioni intrinseche, essendo di natura epidemiologica e non un trial clinico randomizzato. Tuttavia, l’ampiezza del campione esaminato, che comprende una vasta popolazione proveniente da diverse aree geografiche, conferisce una notevole rilevanza ai risultati ottenuti. Inoltre, il fatto che questi dati corroborino un’ipotesi già presente nella comunità scientifica ne aumenta ulteriormente la significatività.
È importante considerare questi risultati nel contesto più ampio delle attuali raccomandazioni per la riduzione del consumo di carne, che sono supportate da molteplici motivazioni sia di carattere nutrizionale che ambientale. Pertanto, sebbene lo studio non fornisca prove definitive, contribuisce a rafforzare l’importanza di una riflessione critica sulle abitudini alimentari relative al consumo di carne.
A supportare la conclusione dei ricercatori è
- l’esistenza di possibili meccanismi d’azione (la cosiddetta plausibilità biologica),
- una curva dose risposta (maggiore il consumo, maggiore il rischio)
- e alcune prove cliniche derivanti da studi precedenti.
Ad oggi sono sostanzialmente 5 i fattori considerati potenzialmente responsabili, ma non è detto che non possano essere semplici marker di qualcosa che resta da scoprire:
- Aminoacidi ramificati, da tempo associati allo sviluppo di insulino resistenza
- Grassi saturi (gli stessi responsabili, questa volta con prove molto più solide, dell’aumento del rischio cardiovascolare, in quanto fattore dietetico con l’effetto più rilevante sul colesterolo LDL)
- TMAO (un composto generato nell’intestino durante la digestione della carne rossa, che è stato associato a un aumento del rischio di malattia)
- Effetto pro-infiammatorio
- Presenza di ferro (la via preferenziale di assorbimento del ferro animale, che spesso si immagina come un vantaggio, in realtà potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché impedisce al corpo di regolare in modo fine a autonomo le quantità circolanti del metallo).
Un rischio indiretto?
Per approfondire si può fare riferimento a un’approfondita disamina della Dr.ssa Guess, ma è parere di chi scrive che probabilmente un qualche legame di causa ed effetto tra eccesso di carne e diabete esista davvero, probabilmente una sovrapposizione di diversi meccanismi d’azione, ma che allo stesso tempo l’associazione sia amplificata da altri fattori di cui il consumo di carne rappresenta un più o meno efficace marcatore.
Un elevato consumo di carne è spesso indicativo di una dieta poco variegata, in cui alimenti quali il pesce e i legumi tendono ad essere poco rappresentati. Questi ultimi costituiscono rispettivamente una fonte significativa di acidi grassi polinsaturi omega 3 e di fibra alimentare, entrambi nutrienti associati a un effetto protettivo nei confronti del diabete di tipo 2 e delle patologie cardiovascolari.
Nell’ipotesi più conservativa, un consumo eccessivo di carne potrebbe cioè rappresentare un fattore di rischio principalmente in quanto comporta una ridotta assunzione di altri alimenti benefici. Questo fenomeno è riconducibile al principio di sostituzione alimentare: in un regime calorico controllato, l’aumento del consumo di un alimento implica generalmente la riduzione di un altro.
Quindi, cosa mangiare?
Come tutte le linee guida più recenti consigliano, se consumi più carne delle quantità consigliate, ridurla un po’ è senza dubbio una scelta ragionevole, anche perché significa in genere introdurre più varietà nella tua dieta con alimenti che invece godono di associazioni con una riduzione del rischio di malattia e mortalità, come i legumi.
La scelta vegana è un’opportunità anche dal punto di vista della salute, ma per onestà intellettuale non ho difficoltà ad ammettere che non è necessaria. Al contrario, una dieta plant-based (ovvero prevalentemente vegetale), come d’altra parte suggerita dalle nostre linee guida, quella sì, è proprio necessaria.
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.